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"La donna angelo e la donna diavolo nella Divina Commedia"
La donna angelo e la donna diavolo nella Divina Commedia
Article n. 90

Da sempre la donna è oggetto di studio: la sua natura sensibile, il mistero della nascita che custodisce in sé, la bellezza che la caratterizza, unità alla sua evidente fragilità ma preponderante forza, l’hanno da sempre resa oggetto di uno studio controverso e affascinante.
La realtà è che la donna è stata, proprio per queste sue caratteristiche indefinite e multiformi, tacciata di peccaminosità e pericolosità per lo stesso uomo che a causa di lei ha perso per sempre il Paradiso Terrestre, costretto così ad un’esistenza dura e faticosa, destinata alla morte.
Rilegata ad un ruolo marginale sin dai tempi antichi, riconoscibile solo all’interno del nucleo familiare con i pochi e materiali compiti, privati di ogni loro valore, quali la procreazione e la cura quotidiana della famiglia, la donna ha perso ogni caratteristica vivificatrice che la rende oggettivamente l’unico mezzo di conservazione della specie.
Ma è proprio nel contesto medievale, rigido e settario, che Dante propone un’immagine della donna paritaria a quella dell’uomo, peccatrice ma anche creatura esemplare, tanto quanto poteva esserlo l’uomo.
Dante riconosce alla donna il suo prezioso compito di progenitrice, non solo a livello terrestre, ma anche a livello spirituale, diventa il tramite attraverso cui l’uomo può conquistare la salvezza dell’anima, riappacificandosi con Dio.








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