di Federica Volonterio
Il processo di globalizzazione che ha inevitabilmente interessato il settore dell’economia, la crescente integrazione dei mercati e la mobilità che ormai connota i fattori produttivi e i flussi finanziari hanno dato luogo ad un radicale cambiamento destinato a ripercuotersi anche nelle scelte di allocazione dei redditi effettuate dai singoli contribuenti. Tali decisioni avvengono nel contesto internazionale e risultano sempre più svincolate dal radicamento territoriale dei singoli Stati.
Gli effetti di questo incessante processo hanno fatto registrare una connessione, ormai evidente, tra l’evasione fiscale e i fenomeni di riciclaggio internazionale, in quanto il ricorso a sistemi finanziari esteri possiamo dire che rappresentava una soluzione ancora praticabile per la raccolta ed il deposito di capitali al fine di reinvestire i proventi ricavati dalle attività illecite o di celare materia imponibile alle pretese dell’Erario.
In questo complesso ed ampio scenario, la voluntary disclosure riveste un ruolo di preminente interesse atto a contrastare i fenomeni che si concretano nella sottrazione di redditi all’imposizione di uno Stato mediante l’allocazione fittizia all’estero della residenza fiscale o, talvolta, anche solo attraverso l’illecito trasferimento e/o la detenzione all’estero di attività produttive di reddito.
L’istituto in commento muove dall’esigenza, sempre più avvertita, di rilevare i capitali illecitamente esportati e far rientrare in Italia tutte le somme oggetto di trasferimento all’estero, e ivi detenute, in aperta violazione delle norme sul monitoraggio fiscale. Si tratta di un istituto attraverso il quale chi detiene illecitamente patrimoni all'estero può regolarizzare la propria posizione denunciando spontaneamente all'Agenzia delle entrate le violazioni alle norme sul monitoraggio fiscale.
